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L’importanza delle curve nelle prestazioni di una ferrovia

L’importanza delle curve nelle prestazioni di una ferrovia
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Le caratteristiche prestazionali delle linee ferroviarie dipendono strettamente dalla conformazione geometrica delle curve presenti lungo il loro tracciato. Se in un rettilineo le limitazioni alla velocità di un convoglio sono esclusivamente legate alle caratteristiche dell’armamento ed alla sua capacità di resistere alle sollecitazioni del transito, nelle curve il discorso cambia: il “raggio minimo di curvatura” diventa uno degli aspetti tecnicamente identificativi delle caratteristiche di prestazione di una linea ferroviaria. Insieme alla “pendenza”, questo dato, esteso a tutte le curve presenti in una data tratta, basta a farsi un’idea delle caratteristiche tipologiche e di marcia dei convogli che la possono percorrere: in altre parole, del “grado di prestazione” della linea ferroviaria.

Ciò avviene perché la percorrenza di una curva sottopone il convoglio ad una forza “inerziale”: il suo moto, infatti, non è più rettilineo e uniforme, ma cambia continuamente direzione. Anche a velocità costante, la variazione di direzione può avvenire soltanto sotto l’effetto di una forza, per il primo principio della Dinamica: nel caso specifico, la forza esercitata dalla rotaia al convoglio, attraverso i carrelli che seguono l’andamento del binario. Questa forza viene recepita a bordo grazie ad un altro principio della dinamica, il terzo: sia il treno che i viaggiatori e qualsiasi oggetto all’interno dello stesso reagiscono con una forza uguale e opposta a quella che fa deviare il treno. Un’azione che pertanto tende a riportare gli oggetti lungo il rettilineo, in direzione opposta al centro, e che per tale motivo viene definita forza ”centrifuga”. La percepiamo non solo in treno ma anche, più spesso, in automobile, quando percorriamo una curva stretta o a velocità elevata. Una forza che genera, in ogni corpo su cui agisce, una accelerazione direttamente proporzionale al quadrato della velocità ed inversamente proporzionale al raggio di curvatura percorso, data dalla formula:
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Con v velocità in metri al secondo e r raggio di curvatura in metri.
Una accelerazione che, durante la marcia, è meglio limitare al massimo, per due motivi:
• comfort dei passeggeri sul treno;
• la formazione di una sollecitazione che tende a far ribaltare l’intero convoglio (momento ribaltante).

Il primo caso attiene alla gradevolezza del viaggio, il secondo alla sicurezza dello stesso. Per evitare questi inconvenienti, gli ingegneri ferroviari hanno escogitato, in prima istanza, il “sopralzo” della rotaia esterna: viene sollevata la rotaia esterna alla curva di qualche centimetro per inclinare il binario, provocando in tal modo anche l’inclinazione del convoglio verso l’interno della curva. Tale inclinazione riduce, ovvero “compensa” l’accelerazione verso l’esterno che grava sul treno e su quanto in esso contenuto.

Tuttavia, per evitare un’inclinazione eccessiva di binario e convoglio, tale sopralzo non può superare una certa quantità, fissata nelle ferrovie italiane in 160 mm. Permane quindi, sul convoglio in transito, una “accelerazione non compensata” che, per motivi di comfort, deve essere limitata a determinati valori (da 0,6 a 1,00 m/s2 in relazione al tipo di convoglio). In tal caso, se non si vuole ridurre la velocità, resta una cosa sola da fare: realizzare curve di raggio più ampio possibile. Un’operazione non sempre realizzabile in concreto, specie in territori geomorfologicamente accidentati come quelli che caratterizzano la nostra e gran parte delle regioni italiane. Realizzare ferrovie con curve meno pronunciate significa “irrigidire” il tracciato dell’infrastruttura e, conseguentemente, non poter facilmente aggirare gli ostacoli naturali. Ciò comporta un incremento delle opere d’arte necessarie per superare le asperità del territorio (viadotti, gallerie) ed un aumento del costo di costruzione della tratta ferroviaria.

Una eredità di cui piangiamo ancora oggi le conseguenze, e che spiega i limiti di velocità incredibilmente bassi delle nostre linee ferroviarie. Limiti comprensibili se si considera che la velocità di percorrenza fissata nelle ferrovie per rendere accettabile l’accelerazione non compensata è data dalla seguente formula (Mayer):
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Dove V è la velocità espressa in km/h, R il raggio in metri, k un coefficiente che dipende dal “rango” dei rotabili che percorrono la linea, e che assume i seguenti valori:
• Rango A: (treni pesanti e merci con locomotive elettriche e diesel) K = 4,62 (max acc. centrif. non comp. = 0,6
• Rango B: (elettrotreni, elettromotrici ed automotrici e materiale viaggiatori certificato per V = 140 Km/h) K = 4,89 (max acc. centrif. non comp. = 0,8 m/s
• Rango C: (elettrotreni, treni viaggiatori e materiale viaggiatori certificato per V maggiore 160 Km/h) K = 5,15 (max acc. centrif. non comp. = 1,0 m/s
• Rango P: (pendolino e treni alta velocità) K = 6,07 (max acc. centrif. non comp. = 1,6 m/s

Un esempio: per curve di raggio 200 m, la velocità massima in rango A è pari a:
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Vale la pena precisare che la formula sopra riportata comporta una dipendenza tra raggio di curvatura e velocità non lineare: i due fattori non crescono nella stessa proporzione. Per esempio, per raggiungere i 100 km/h in rango A occorre un raggio minimo di 468 m., mentre per consentire una velocità doppia occorre quadruplicare il raggio, fino a 1.874 m.! In fig. 1 può apprezzarsi la dipendenza “quadratica” tra raggi di curvatura e velocità per i quattro ranghi previsti.
20161210 - 04 raggi di curvatura in funzione della velocitàFigura 1: Raggi di curvatura velocità km/h

 

Quindi, uno dei primi interventi da fare per incrementare le prestazioni di una ferrovia che, come molte nostre linee (anche principali), presenta raggi di curvatura dell’ordine delle centinaia di metri, è quello di incrementare il raggio di curvatura. Ciò si può fare solo con rettifiche di tracciato, spesso consistenti e costose: ne abbiamo avuto esempi emblematici in Sicilia, specie nelle operazioni di raddoppio della linea ferroviaria Palermo-Messina, avvenuto quasi esclusivamente in nuova sede. Si sono “salvati”, non a caso, alcuni tratti rettilinei come quello tra Campofelice e Buonfornello, raddoppiati in affiancamento.

Ultimamente, però, RFI ci ha abituati a interventi di “velocizzazione” delle linee ferroviarie che, in presenza di disponibilità finanziarie limitate, tendono a realizzare il massimo risultato con il minimo impegno. Interventi a basso costo, che prevedono principalmente un radicale rinnovo dell’armamento ferroviario e l’incremento dei raggi di curvatura mediante modesti spostamenti dell’asse ferroviario. Ne abbiamo visto un esempio nella splendida foto di /iovanni Russo, relativa ai lavori sulla tratta Bicocca-Lentini della Catania-Siracusa (vedi notizia del 07/10/2016). In quel caso, è stato ricavato uno spazio a fianco dell’attuale tracciato, che consente una rettifica del tracciato ed un conseguente/incremento del raggio di curvatura e, con esso, della velocità di percorrenza: in tal senso, invero, non si raggiungono prestazioni da linea AV, ma si consegue un sensibile miglioramento delle prestazioni della linea.

L’operazione può essere fatta mantenendo intatti i rettilinei raccordati dalla curva, che, geometricamente parlando, si incontrano in un punto detto “vertice”: per tale motivo si parla di rettifica della curva a vertice conservato. Lo spostamento del centro e, quindi, dell’arco di curva, consente l’inserimento di una curva a raggio più ampio della preesistente che, se si mantiene non troppo distante da essa, consente la rettifica di tracciato occupando aree limitate ed immediatamente adiacenti alla linea esistente. In tal senso, il massimo vantaggio si ottiene quando i due rettilinei raccordati presentano un angolo piuttosto ampio fra di loro, ovvero una deviazione angolare limitata di direzione; diversamente, la curva in variante disterebbe troppo dalla preesistente e sarebbe necessario occupare aree più ampie e lontane.

Per rendere evidente gli effetti che si ottengono, facciamo un esempio. Consideriamo una curva tra due rettilinei che formano fra loro un angolo di 150° (ovvero 30° di deviazione) che abbia un raggio di curvatura di 350 m. Come si vede nello schema di figura 2, si può realizzare un tracciato in variante (in rosso, tratteggiato) con un raggio di 500 m. il cui asse disterebbe, al massimo, da quello del vecchio tracciato (in blu) appena 5,29 m. Il che comporta, un aumento della velocità da 86 a 103 km/h in rango A, da 91 a 109 in rango B e da 96 a 115 in rango C. Un risultato non trascurabile, con uno spostamento irrisorio del tracciato!
20161210 - 05 raggi di curvaturaFigura 2: Incremento del raggio di curvatura tra due rettilinei formanti angolo 150°

 

In tutto questo ho trascurato, per non appesantire il contributo, i “raccordi” policentrici che devono necessariamente essere interposti tra la curva a raggio fisso e i rettilinei; ciò viene fatto (anche per le strade) al fine di rendere graduale il cambio di curvatura durante la marcia del convoglio, favorendone il corretto “inserimento” in curva. Interventi come quello rappresentato in figura, oltre a consentire i sopra esposti vantaggi in termini di raggio minimo di curvatura, consentono anche di inserire un raccordo più adatto alla marcia dei moderni convogli.

Come si può vedere, si tratta di interventi che comportano opere civili ed occupazioni di aree molto limitate, realizzabili con modesti impegni finanziari ed i cui miglioramenti, in termini di velocità di tracciato, vanno aggiunti a quelli che si ottengono grazie al rinnovamento dell’armamento e dell’impiantistica a cui sono normalmente associati. In tempi di “vacche magre” operazioni di questo tipo non sono affatto disprezzabili, e ciò spiega come mai RFI ne abbia fatto largo uso.

In anteprima uno schema per raggi di curvatura e velocità
Messina, 2016 | Grafica, Roberto Di Maria

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