NOTO – Ferrovie Siciliane e Sicilia in Progress desiderano chiarire una serie di punti in relazione al susseguirsi di annunci di Fondazione FS Italiane sulla riapertura di ferrovie dismesse siciliane: ultimo in ordine cronologico il post pubblicato in data 12/07/2021 sulla pagina Facebook della Fondazione FS Italiane “Sopralluogo congiunto del Servizio Infrastrutture e Lavori della Fondazione FS e Rete Ferroviaria Italiana sulla meravigliosa linea che congiunge la stazione di Noto sulla linea Siracusa – Canicattì a quella di Pachino dismessa dal 1986. I tecnici hanno avuto modo di valutare lo stato della sede ferroviaria e dei fabbricati di stazione. Considerato il grande valore paesaggistico e turistico delle località attraversate, in particolare la Riserva di Vendicari ed il meraviglioso borgo marinaro di Marzamemi, la Fondazione FS sta stimando i costi necessari per la riapertura dell’intera linea all’esercizio con treni storici e turistici nel contesto del PNRR”.
Va subito chiarito un aspetto, squisitamente tecnico. Pensare di stimare i costi del ripristino di una linea ferrata lunga 27 km e dismessa da 35 anni attraverso un “sopralluogo congiunto”, in altre parole una passeggiata, è a dir poco illusorio. Ci sarà consentito di avere qualche dubbio sulla lunghezza di questa passeggiata, considerato che per decine di km l’ex tracciato della ferrovia Noto – Pachino è occupato da rovi e fitta vegetazione, non per ultime ci sono le aree occupate abusivamente o addirittura cedute (vedi Noto Marina), da percorrere sotto il sole cocente del luglio siciliano.
A cose del genere può credere soltanto chi non ha mai avuto a che fare con le ferrovie: in tal senso non ci meravigliamo degli “osanna” subito cantati da tanti non addetti ai lavori e di certe associazioni amatoriali sicule e dei loro esponenti, esperti, tutt’al più, di treni giocattolo.
Le infrastrutture sono cose serie: devono rispondere a normative progettuali, strutturali e di esercizio rigorosissime. Le “stime” vanno fatte attraverso rilievi strumentali, sondaggi, verifiche strutturali, prove di carico ed analisi geognostiche che, messe insieme, danno luogo ad un elaborato tecnico, comunemente denominato “progetto”.
Allo stadio più elementare, la normativa prevede il “progetto di fattibilità” che, per qualsiasi opera pubblica, deve rispettare parametri di approfondimento tali da consentire proprio la stima dei costi. Elemento essenziale, al suo interno, è quella famosa “analisi costi-benefici” che va messa all’attenzione di chi dovrà prendere la decisione di realizzare, o meno, l’opera. Nel caso delle Opere Pubbliche, si tratta sempre di un Ente Pubblico, governato, ovviamente da politici. I quali, non essendo tecnici, non avrebbero altro modo se non affidarsi agli elaborati progettuali di cui sopra per decidere la destinazione di fondi che, essendo pubblici, devono essere destinati a benefici collettivi e non all’interesse di pochi.
Sperando di non essere stati troppo pedanti, abbiamo voluto riportare il lettore dall’iperuranio immaginifico del post di Fondazione FS alla dura realtà delle OO.PP. Le quali, senza un progetto di fattibilità, non soltanto non possono essere realizzate, ma neanche finanziate.
A tal proposito, veniamo al secondo aspetto, a dir poco equivoco, del post: il finanziamento dell’opera “nel contesto del PNRR”. In tal senso, non ci risulta siano previsti fondi per le “ferrovie turistiche” nel Piano Nazionale di Rinascita e Resilienza, nella versione recentemente approvata dalla UE, che conosciamo sufficientemente bene. Né, tanto meno, al suo interno si accenna minimamente alle ferrovie turistiche, così come definite dalla L. 128/2017.
Sappiamo che sono previste somme per le ferrovie regionali del sud, (Potenziamento, elettrificazione e resilienza delle ferrovie nel Sud per 2,4 miliardi) ma si tratta di linee in esercizio, persino ben individuate; queste somme sono infatti destinate alle linee finalizzate ad incrementare la “competitività e la connettività del sistema logistico intermodale (ferrovie-aeroporti-porti) e i collegamenti con le grandi città”.
Sarebbe persino auspicabile che, in questo ambito, si trovi spazio anche per le ferrovie dismesse, ma ne dubitiamo. Ad ogni modo, come abbiamo visto, esse non potrebbero certo permettersi di mantenere la mera finalità turistica per la quale spinge Fondazione FS Italiane. Soprattutto se consideriamo che i costi di ripristino di queste infrastrutture, specie se chiuse da decenni, sono valutabili mediamente in diversi milioni di €uro a km.
In tempo di PNRR, a cui tutti hanno detto di attingere, anche per il restauro dell’abbeveratoio centrale di Roccacannuccia (località di fantasia), non possiamo biasimare Fondazione FS Italiane per aver fatto la stessa cosa.
Ma la Noto-Pachino, come tutte le ferrovie dismesse, non è un abbeveratoio. E difficilmente troverà risorse a sua disposizione all’interno di un PNRR che ha ben altre priorità. Senza contare che lo stesso necessita di progetti esecutivi, da ultimare entro il 2026. Altro che stime da stime da scampagnata!
> Collegamenti esterni
– Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
In anteprima il Fabbricato Viaggiatori di Falconara Iblea nel più assoluto abbandono e degrado
Noto, 23 ottobre 2017 | Foto, Roberto Di Maria
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